Un accessorio quanto mai sottovalutato: il sellino

Rieccoci qui a scrivere finalmente un nuovo pezzo su questo blog. Questa volta voglio parlare di un particolare della bici tralasciando tutto quello che sovviene instintivamente quando si pensa al ciclismo ovvero ruote, manubri, freni ed ingranaggi vari che svolgono il loro compito di movimento senza i quali la bici non si muoverebbe, ma pochi di noi danno importanza a quella parte statica che fa dei componenti della bici un pezzo essenziale ma forse appunto proprio perchè statico non valorizzato quanto si deve. Il sellino della bici è un elemento fondamentale del proprio mezzo importante quanto il cambio per una bicicletta in quanto se scelto con accuratezza previene dolori fisici e migliora i benefici del pedalare all’aria aperta riducendo anche la fatica del pedalare.
In occasione del viaggio dalla Germania fino verso casa ho valutato che il sellino comprato mesi prima facesse al caso mio per questo importante progetto, non solo perchè ha una forma ‘aerodinamica’ e, in particolar modo il mio modello, una punta curva verso il basso detta “becco d’ aquila” che facilita la discesa e la salita anche in movimento dalla sella, ma soprattutto perchè dispone di una zona cava sita al centro dove le parti più problematiche del fondoschiena non hanno appoggio alcuno e quindi sono libere da problemi derivati dallo stress dell’uso prolungato della bici, e il peso del corpo viene bilanciato fra i glutei morbidi, che appoggiano sulle parti chi più e chi meno rinforzate appositamente per una maggiore comodità, ed i pedali che nel loro movimento circolatorio fanno si che parte del peso si scarichi anche sui piedi, e per i più bravi anche le braccia assumono un particolare non poco irrilevante in fase di appoggio del peso del busto, difatti è importante avere anche delle buone manopole con una buona tenuta e un buon confort. Non per niente uno degli effetti collaterali che ho riscontrato dopo aver portato a termine il Grande Viaggio Internazionale è stata l’informicolazione di entrambi gli anulari e mignoli anche fino a 10 giorni dopo l’arrivo a casa in quanto le mie manopole non erano adatte all’uso continuo, avevano si un buon grip ma in fatto di comodità ne ho risentito anche sulle braccia che si affaticavano di più e alla lunga può compromettere, come provato da me, la riduzione della sensibilità alle mani e per questo anche in mountainbike ho cominciato ad usare le manopole in gomma morbida che offrono un’ ottima tenuta e comodità sui polsi allo stesso tempo poiché tendono ad assorbire gli urti provocati dai tracciati sconnessi. Ma ritornando all’elemento principale dell’articolo, il sellino, ormai sono svariate le ditte che producono e promuovono questa innovazione tecnologica ma sapere quale è il modello più adatto a noi lo possiamo capire dal seguente link che ho preso dalla casa madre del mio primo sellino di questo genere che dispone di una linea guida per chi ancora non sa bene come fare le sue valutazioni e di conseguenza scegliere l’ oggetto adatto alle proprie esigenze:

http://www.smpselle.com/smp4bike/it/supporto/guida-alla-selezione-della-sella

Si può notare come la scelta di un sellino non sia da prendere così su due piedi e che le difficoltà nel prendere certe misure non sia proprio elementare come misurare il girovita, per questo la selezione deve quantomeno avvenire dopo un’ attenta prova sotto le chiappe e se possibile mentre si fanno due pedalate che anche se in modo spartano questo sistema riduce notevolmente le probabilità di scegliere un sellino poco adatto alla propria conformità fisica e quindi a quello di cui abbiamo bisogno, ma per avere un’ altra idea a grandi linee ci si può basare sulla scheda che ci fornisce sempre il solito sito che ci pone una scaletta in base alle misure dei pantaloni anche se la stessa ditta non assicura che tale schema sia adatto a tutti ma semplicemente ai più:

http://www.smpselle.com/smp4bike/it/supporto/tabella-di-selezione

Purtroppo sono pochi anzi pochissimi quei negozianti che mettono a disposizione sellini da provare in quanto non sarebbero più disponibili alla vendita in quanto nessuno vorrebbe “roba usata” e si deduce ovviamente che non ce ne sarebbe guadagno da parte di chi gestisce un negozio delle due ruote. Una piccola curiosità: ho letto in vari siti che la ditta della quale ho messo gli svariati link abbia tempo fa dato la possibilità ai negozianti, ovviamente promotori della marca, di avere fino a 3 modelli detti “modelli test” per far si che i possibili clienti avessero modo di beneficiare dell’uso pratico per fare le proprie valutazioni in quanto comprare un sellino è come comprare un paio di scarpe: non a tutti va bene quel modello e soprattutto quella misura! Ma di fronte a tale professionalità e dedizione del lavoro ci sono stati molti commercianti che hanno beneficiato di tale idea sulle spalle o per meglio dire sui sederi dei clienti vendendoli direttamente senza dare possibilità alle persone di provarli…è una storia già sentita per vari componenti ciclistici ma come i pezzi da “esposizione” che poi vengono ugualmente venduti e forse anche giustamente. Ovviamente il sito che espongo dispone di sellini da gara alquanto costosi per chi non ne fa e adattati per quello scopo ma di sicuro in commercio ce ne sono di molti al prezzo di poche decine di euro che adempiono comunque bene al proprio dovere specialmente per le passeggiate quotidiane o per l’uso abitudinario che facciamo della bicicletta.
Nonostante il mio attuale problema che mi preclude al momento qualsiasi attività che comporti uno sforzo (in teoria anche il lavoro ma in realtà bisogna magnà di qualche cosa…) sono felice di sapere che quello che sto passando non è dovuto al semplice utilizzo della mia biga bensì a tutta una serie di sforzi che avrebbero comunque portato prima o poi all’inevitabile stop medico. Ma per aggiungere una nota informativa ecco quali potrebbero essere le cause di una errata scelta del sellino, è ovvio precisare che chi usa la bici anche quotidianamente può ovviare a tutto ciò con un semplice sellino molto imbottito in quanto questi problemi derivano dall’uso si abitudinario della bici ma anche continuo nel tempo di svariate ore al giorno e non credo che molti usino la bici per spostarsi per più di 2-3 ore al giorno contando le soste ai semafori e a varie ed eventuali che si incorrono ogni giorno che ci fanno stare in piedi sulla o accanto alla bici piuttosto che a pedalare sul sellino.

http://www.smpselle.com/smp4bike/it/ergonomy/dati-clinici

Aggiungo inoltre che alcuni di questi problemi bisogna essere particolarmente portati a riscontrarli o per meglio dire…sfigati, altri possono venire anche se non usiamo per niente la bicicletta, basta anche stare seduti per ore sugli sgabelli legnosi dell’ università o in quelli un poco più comodi a lavoro. Senza contare che la gran parte dei problemi è dovuta ad un errata postura della schiena che ci portiamo fin da quando siamo bambini ma allora diciamolo che siamo tutti da rottamare…di certo un altra cosa che aiuto la forma fisica e la postura e l’ accurata posizione del sellino! Almeno questa va fatta con metodo e inoltre facilita la pedalata e se corretta fa faticare molto meno chi pedala, è inutile aggiungere da quale sito ripropongo le informazione per una buona messa a punto del sellino:

http://www.smpselle.com/smp4bike/it/supporto/come-montare-la-sella

Detto questo spero di aver dato a molti la capacità di ponderare meglio sulla propria bici e su quello che si dispone per portare ad un uso sempre più migliorativo per il mezzo e per la propria salute e sforzo fisico.

 

sella SMP modello Stratos

Prossimo appuntamento, Stelvio. 20-21/8

Eccoci qua, come promesso torneremo alla carica delle Alpi per riprendere la tappa che non abbiamo potuto fare a casusa del maltempo in Svizzera.
La tappa non sarà uguale a quella originale, ma il chilometraggio e le vette da scalare si.
Partiremo da Malonno (600m s.l.m.) per poi affrontare il passo del Mortirolo (1850m) con ben 17 km di salita con punte al 18%. Si scende poi a Grosio (650m) e poi si va a Bormio (1225m) e da li ci sono 21 km e 36 tornati di puro divertimento che ci porteranno dove osanole aquile a 2760m!
In tutto la tappa è sugli 80/90 km. Si parte la mattina presto che farà caldo e cercheremo di arrivare per le 18 allo Stelvio in modo di avere il sole che ci riscalda lungo la salita.

Qui sotto è riportato il ink de l’itinerario:
http://www.bikemap.net/rou​te/1169542?131279090774392

E l’articolo apparso su IlReporter.it: http://www.ilreporter.it/index.php?option=com_content&view=article&id=18098:a&catid=76:cronaca-e-attualita&Itemid=125

Uomini veri e donne ardite, fatevi avanti!

MOBILITÀ CICLISTICA

MOBILITÀ CICLISTICA

tratto dal sito: http://news.comune.fi.it/ecoequo/pages/mobilita_ciclistica.htm

Può servire a migliorare il mondo un semplice e banale gesto come andare in bicicletta? Sì, eccome!
Possiamo cominciare con la vivibilità cittadina: la pessima qualità dell’aria, il rumore che in zone e orari particolari diventa insopportabile, il pericolo per la propria incolumità a causa degli incidenti stradali. Poi, allargando lo sguardo, possiamo pensare alla nostra società centrata sull’uso dei combustibili fossili e quello che ne consegue, ai pericoli causati dai cambiamenti climatici e così via.
Considerando che in città la maggior parte degli spostamenti è inferiore ai 5 chilometri, possiamo davvero considerare la bicicletta uno strumento fondamentale per promuovere la giustizia, la vivibilità cittadina e il risparmio delle risorse del pianeta.

CHE COS’E’

La mobilità ciclistica è un modo di vivere la città leggero, educato, rispettoso. Lo strumento fondamentale è la bicicletta.

Cominciamo a dire cosa non è la bicicletta: non è solo un giocattolo, da usare la domenica per fare qualcosa di diverso; non è solo un attrezzo sportivo, da usare per correre lontano e misurarsi con il cronometro o sfidarsi tra amici.

La bicicletta, sembra impossibile, è soprattutto un mezzo di trasporto. In molti paesi, soprattutto del nord Europa, è normale andare in bici al lavoro, a scuola, a fare la spesa.  E’ normale anche usare la bici per fare dei veri e propri viaggi.

In Italia, che sarebbe climaticamente più favorevole della Danimarca o dell’Olanda, la promozione dell’uso della bicicletta da parte delle amministrazioni pubbliche è limitato a pochissime città, di cui Ferrara è la capofila.

La mobilità ciclistica non è la soluzione alla congestione delle nostre città, ma potrebbe giocare un ruolo molto importante per la riduzione dell’inquinamento atmosferico e da rumore, per la riduzione dello stress e anche per migliorare la salute grazie all’attività fisica.

E’ razionale andare tutto il giorno in auto o motorino e poi passare un’ora in palestra su una cyclette?

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  A COSA SERVE

Abituati come siamo a vivere in una società autocentrica non ce ne rendiamo conto, ma il numero delle biciclette che percorrono le strade del pianeta è molto più grande di quello delle auto. Se consideriamo che nel mondo sono in circolazione “solo” 600 milioni di auto, ci rendiamo conto quanto questo mezzo sia “elitario” e simboleggi lo squilibrio tra nord e sud del pianeta. Questo stesso pianeta sarebbe in grado di sopportare ad esempio “solo” altri 300 milioni di auto? Per questo, anche nell’uso dell’auto è importante un “dimagrimento” da parte nostra, usandola con più responsabilità e parsimonia.

Trasferire una parte dei propri spostamenti dall’auto (o moto) alla bici significa ridurre i consumi di combustibili fossili, la produzione degli inquinanti, il pericolo per l’incolumità propria e altrui.

Significa anche aver bisogno di minor spazio per strade e parcheggi, potersi muovere con più serenità, vivere la città invece di usarla.

Alla fine, possiamo pensare che andare in bici è un modo per costruire la pace, la giustizia e il rispetto dell’ambiente in modo concreto e partendo dalla propria città. In questa prospettiva potremo anche pensare quanto il nostro stile di vita così accelerato sia rispettoso della nostra città e di noi stessi.

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LA LEGGE IN MATERIA

Le principali leggi in materia sono due: il codice della strada e il decreto ministeriale 30 novembre 1999, n. 557 “Regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili”.

La bicicletta (tecnicamente chiamata “velocipede”) è considerata un veicolo a tutti gli effetti. Tra le altre cose, è obbligatorio avere montato un campanello, i freni con funzionamento separato sulle due ruote, un faro anteriore e uno posteriore in caso di utilizzo con scarsa visibilità. E’ ammesso il trasporto di un solo passeggero, fino ad otto anni di età e su un apposito seggiolino.

I ciclisti devono viaggiare su un’unica fila e mai affiancati in numero superiore a due, (fuori città solo affiancando un bambino fino a 10 anni). Infine, occorre lasciare sempre almeno una mano sul manubrio e viaggiare obbligatoriamente sulle piste ciclabili dove presenti.

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CHI SE NE OCCUPA IN ITALIA

La bicicletta viene promossa a livello “istituzionale” e a livello “informale”

L’uso della bicicletta è promosso istituzionalmente, oltre che da associazioni ambientaliste come il WWF e Legambiente, in modo specifico dalla FIAB, la Federazione Italiana Amici della Bicicletta (www.fiab-onlus.it).

Come dice la parola, la FIAB è la federazione di numerose associazioni di promozione ciclistica presenti in tutta Italia. Come Federazione, promuove iniziative nazionali come Bimbinbici (per promuovere l’uso della bici tra i bambini), il cicloraduno annuale e anche pubblicazioni, studi e progetti sulla situazione e per lo sviluppo della mobilità ciclistica in Italia .

Oltre a questo tipo di presenza “istituzionale”, c’è il livello “informale”, che fa dell’uso della bici un vero e proprio uso “politico”, contestando lo strapotere della cultura dell’automobile e l’inquinamento fisico e mentale causato da questa. Si tratta di esperienze che spesso si intrecciano tra loro e anche con chi aderisce alle associazioni vere e proprie.

Da qualche anno è arrivato il fenomeno “Critical Mass” (www.criticalmass.it), definita una “coincidenza organizzata” che si ripete in varie città con cadenza periodica e sfrutta internet come mezzo di scambio e condivisione delle idee. Critical Mass non è un’associazione, non è un gruppo ma un insieme di persone che si ritrova e percorre le strade della propria città per riappropiarsene e per mostrare “agli altri” che anche i ciclisti “sono” il traffico.

Durante il G8 di Genova, alcuni manifestanti sono arrivati a Genova usando la loro bicicletta, proprio perché “la bici è un simbolo per dire al movimento: “l’altro mondo possibile ha senso se cambiamo i nostri comportamenti”. Da allora, i ciclisti di Bici G8 (così si sono chiamati, www.bicig8.org) hanno fatto numerosi viaggi di testimonianza e conoscenza: al Forum Sociale Europeo di Firenze, nella Sicilia dell’antimafia, al vertice G8 di Evian e altri ancora.

Ultime nate sono le ciclofficine: principalmente in alcuni centri sociali, alcuni locali sono gestiti da appassionati della bici che, insieme, montano e smontano vecchi rottami ricavandone altre funzionanti, inventano bici dalle forme fantasiose, insegnano a tutti a fare manutenzione al proprio mezzo.

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CHI SE NE OCCUPA A FIRENZE

A Firenze la mobilità ciclabile a livello istituzionale è promossa da due associazioni:

Firenzeinbici Onlus (www.firenzeinbici.net), aderente alla FIAB,
c/o Libreria Claudiana, Borgo Ognissanti Firenze, ogni lunedì in orario 18.30-19.30
info@firenzeinbici.net

Associazione Città Ciclabile ( www.firenzecittaciclabile.org )
Via S. Agostino 19, Firenze, ogni giovedì in orario 18.30-19.30
info@firenzecittaciclabile.org tel. 055.268181

A livello informale abbiamo:

Critical Mass, di cui è possibile avere informazioni sul sito www.criticalmass.it , alla voce “Firenze” e anche alla pagina http://www.firenzeinbici.net/criticalmass

Due luoghi “virtuali”, aperti a tutti, in cui i ciclisti possono scambiarsi idee, opinioni e consigli sono i forum telematici del sitowww.firenzeinbici.net al link www.firenzeinbici.net/forum/forum/default.asp e quello del gruppo fiorentino di critical masswww.inventati.org/mailman/listinfo/cm-firenze

A Firenze, oltre che presso alcuni negozi, è possibile noleggiare una bicicletta presso i principali parcheggi a pagamento. Il servizio di noleggio è gestito dalla cooperativa Ulisse. (informazioni: Via Galeotti 7/9 – 50136 Firenze (FI) tel: 055 6505295 fax: 055 6506028).

La cooperativa Ulisse (che occupa persone svantaggiate) ripara e recupera le vecchie biciclette abbandonate alla depositeria comunale, rivendendole periodicamente a prezzi vantaggiosi.
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CHE FARE

La principale obiezione di chi non usa la bicicletta è che non ci sono piste ciclabili e che è pericoloso. D’altra parte, le amministrazioni pubbliche non sono stimolate a promuovere l’uso della bicicletta perché non ci sono sufficienti utilizzatori. E’ la classica storiella del cane che si morde la coda, ma da qualche parte si deve cominciare.

Comunque, negli ultimi anni il numero dei ciclisti urbani è notevolmente accresciuto, anche a causa del costo della benzina, dei parcheggi, dell’aumentata sensibilità ambientale e anche perché usare la bicicletta è molto semplice e pratico.

E per cominciare, come fare?

1. Quale bicicletta

La prima risposta è: qualsiasi bicicletta va bene. La nostra città è prevalentemente pianeggiante e di piccole dimensioni, due condizioni ideali per spostarsi velocemente e senza affanni da una parte all’altra. Per iniziare va benissimo la vecchia bici che teniamo in cantina. Poi, prendendoci gusto, si può pensare ad un modello più moderno e veloce, magari con il cambio.

Telaio in acciaio o in alluminio? Anni fa i telai in alluminio erano molto rari, oggi succede quasi l’opposto, per cui è difficile trovare una bici di buona qualità in acciaio. Su questi due tipi di materiali ci sono due diverse fazioni di ciclisti, ognuna con la convinzione di aver scelto il materiale migliore. In due parole, l’alluminio è più leggero dell’acciaio, ma è più rigido

Attenzione però: prima di acquistare qualche bicicletta in superofferta, verificare sempre che si tratti di un mezzo di buona qualità, senza farsi trarre in inganno da colori sgargianti e forme stravaganti. Meglio una bici senza forcella ammortizzata e altri fronzoli, ma con freni e cambio di buona qualità. Infine, per un uso cittadino in ogni stagione, verificate che la bici abbia fari, parafanghi e portapacchi.

2. Sicurezza

La prima regola per viaggiare sicuri in bici è quella di essere sicuri e decisi, ma non spavaldi. Evitare di cambiare traiettoria improvvisamente, anzi, segnalare sempre una svolta alzando il braccio. Non ascoltare mai musica e altro con cuffiette e auricolari.

Cercare di essere sempre ben visibili, quindi campanello e luci funzionanti. Possono servire anche i catarifrangenti (bianchi o arancioni) da mettere tra i raggi delle ruote, così come può essere utile indossare le strisce catarifrangenti o addirittura i gilet ad alta visibilità usati in auto.

Infine, può essere consigliato l’uso del casco e, se dà più sicurezza, dello specchietto retrovisore.

E’ vietato dal codice della strada, ma se alcuni tratti sono pericolosi, meglio passare sul marciapiede lasciando la precedenza ai pedoni e ricordando che siamo loro ospiti.

3. Abbigliamento

Usando la bicicletta, la stagione fredda si accorcia di due-tre mesi: il movimento, superati i primi momenti, permette di usare la bici agevolmente anche con i climi più rigidi.

L’abbigliamento da utilizzare è soggettivo, per cui questi consigli sono da adeguare alla propria capacità di sopportare le temperature esterne.

E’ importante adeguare il proprio abbigliamento a questa nuova attività, senza vestirsi troppo. Anche il giubbotto esterno può essere di questi nuovi materiali impermeabili-traspiranti, molto pratici e utilizzabili dappertutto. Andando in bicicletta, potrebbe essere inutile acquistare anche giubbotti imbottiti di piuma o pile. In inverno possono essere molto utili anche i guanti, un cappello e una sciarpa.

Con la bella stagione sono molto utili gli occhiali da sole.

Un consiglio finale: se possibile, tenere sempre una maglietta di ricambio in ufficio, in un armadietto o in un cassetto della scrivania. Potrebbe sempre servire.

4. Parcheggiare sicuri

Se non abbiamo modo di tenere la bicicletta in un posto chiuso e sicuro come un garage o una cantina, è fondamentale acquistare un robusto lucchetto antifurto. Lasciando perdere quelli colorati “a spirale”, che sono quasi inutili, conviene indirizzarsi verso un tipo con catena e lucchetto oppure di quelli “ad archetto”. Purtroppo, maggiore è l’affidabilità e la sicurezza data da un lucchetto, maggiore è il suo peso.

La soluzione migliore per parcheggiare la propria bici è di legarla ad un sostegno ben stabile, bloccando sia la ruota che il telaio. Se la bici deve rimanere fuori a lungo, meglio ancora se si blocca anche l’altra ruota.

Se non è diversamente indicato, secondo il codice stradale la bicicletta può essere parcheggiata per strada come un qualsiasi altro mezzo. Invece, dove è indicato il parcheggio per le sole auto (per esempio nella ZCS) o per i soli motocicli non è permesso parcheggiare, pena la rimozione: in questi casi, i soli luoghi dove è possibile parcheggiare la bicicletta è la rastrelliera. Attenzione: secondo il codice della strada non è possibile parcheggiare le biciclette sui marciapiedi, anche se le rastrelliere sono già piene o non ci sono. Anche se quindi il parcheggio sul marciapiedi viene fatto perché mancano alternative, si rischia la rimozione.

L’enorme quantità di ciclisti che si muove in città avrebbe quindi bisogno di un maggior numero di rastrelliere a disposizione, di qualità migliore: quelle attualmente in uso in città non permettono di legare saldamente ruota e telaio, a meno di usare una catena molto lunga.

5. Portare i bambini

I soli passeggeri che possono essere tarsportati su una bici sono i bambini fino ad otto anni. I più piccoli possono essere portati sul seggiolino anteriore, mentre i più grandi su quello posteriore.

E’ consigliabile portare, appena possibile, i bambini sul sedile posteriore, perché quello anteriore rende la pedalata più instabile. Inoltre, legare sempre i bambini con la cintura.

Per entrambi i seggiolini, verificare che abbiano una protezione che impedisca ai piedini di infilarsi tra i raggi (con conseguente pericolo di caduta), oppure se mancante, di comprarne una.

All’acquisto, specialmente per i seggiolini posteriori, verificare che il seggiolino sia compatibile con la propria bicicletta.

All’estero sono molto usati i carrellini da attaccare alla bicicletta. Da noi sono rarissimi, inoltre il codice della strada non è molto chiaro sulla possibilità di usarli.

6. Se piove

E’ possibile andare in bici anche con la pioggia, senza grandi disagi purchè adeguatamente equipaggiati. Innanzitutto, evitare di andare in bici con l’ombrello, pericoloso e poco efficace.

Il capo di abbigliamento più utile è senz’altro un poncho impermeabile di misura adeguata, che permetta di coprire noi e il manubrio, creando una sorta di tenda che ci mantenga al coperto, ma senza finire tra i raggi. I poncho migliori hanno un inserto trasparente nel cappuccio in modo da permettere di vedere chi arriva dai lati.

Un buon paio di scarpe dovrebbe poi fare il resto.

Anche in questo caso, è consigliabile, se possibile, tenere in ufficio un cambio per ogni evenienza: una camicia, un paio di calzini, un paio di pantaloni.

Usare la bici con la pioggia richiede comunque una certa cautela: gli automobilisti sono più imbranati e la bici ha i freni bagnati: moderare la velocità e tenere sempre gli occhi aperti.

7. Portare oggetti

Usando la bici, a volte potrebbe essere necessario portare qualcosa: un giornale, qualche acquisto e così via. La scelta più semplice è quella di usare una borsa o un normale zainetto: utile per portare poche cose per brevi percorsi, ma che diventa scomoda allungando il percorso.

Esistono anche degli zainetti particolari per ciclisti, con uno speciale telaio che tiene staccato lo zaino dalla schiena e quindi diminuendo la possibilità di sudare sulla schiena.

La soluzione migliore è quella delle borse da mettere sul portapacchi posteriore: è possibile trovarne di varie forme e prezzi e permettono di portare molte cose, compresa la “spesa” quotidiana.

E’ possibile, ma è difficile, trovare anche dei carrelli da attaccare alla bicicletta, ma, come per i carrelli porta-bambini, il codice della strada non è chiaro sulla loro conformità.

8. Manutenzione

La semplicità costruttiva della bicicletta permette di fare una piccola manutenzione del mezzo con poca spesa. I materiali che si usurano di più sono gli zoccolini dei freni, poi i copertoni. Per il resto, la bicicletta è praticamente eterna o quasi. In pratica, si possono percorrere 3.000 km in un anno (sembrano tanti, ma basta fare un viaggio casa-ufficio-casa di 10 km al giorno in un anno per percorrere 2.200 km) spendendo 20-30 euro o meno.

L’inconveniente più ricorrente è la foratura: se si ha l’accortezza di portarsi dietro un kit di riparazione (camera d’aria, levafascioni e pompa), si può sostituire la camera d’aria bucata e ripartire in una decina di minuti. E’ possibile ridurre il rischio di foratura sostituendo i copertoni della bici quando cominciano ad usurarsi e, soprattutto, acquistando modelli di buona qualità.

Per il resto, è sufficiente oliare la catena ogni tanto (in special modo quando comincia a cigolare). Se la bicicletta rimane spesso alle intemperie, è necessario oliare catena e cambio un po’ più spesso.

Fare attenzione a non ungere il cerchione: i freni potrebbero slittare e quindi non essere in grado di frenare.

9. Treno più bici

Da alcuni anni, con alterne vicende, è possibile trasportare la bicicletta sui treni. E’ possibile farlo portando direttamente la bicicletta, pagando uno speciale biglietto per la bici, sui treni che hanno indicato sull’orario il simbolo della bicicletta. Il biglietto ha validità di 24 ore dalla convalida. Si tratta generalmente di treni regionali, ma è possibile farlo anche su alcuni treni internazionali.

Smontando la bici e trasportandola in un apposita sacca-valigia è possibile portarla come bagaglio su tutti i treni e senza pagare alcun supplemento.

10. Internet

Non sorprenda il collegamento tra la bicicletta e internet: gli utilizzatori più appassionati della bicicletta utilizzano internet per diffondere consigli, segnalare problemi, spiegare la manutenzione, raccontare viaggi ed esperienze. Tramite internet è possibile scoprire che cosa sta succedendo alla Critical massi di San Francisco (dove è nata), come viene gestita la mobilità ciclistica a Ferrara, Monaco, Copenaghen e persino come riuscire ad andare in bici sulla neve.

Sembra sciocco a dirlo, ma un forum su internet di ciclisti della stessa città può essere una miniera di informazioni. e anche l’occasione di conoscere altre persone appassionate.

11. Azione politica

Chi comincia ad andare in bici, si scontra ben presto con la situazione caotica del traffico delle nostre città: poche piste ciclabili, poche rastrelliere, poca attenzione per i cilcisti quando vengono aperti dei cantieri.

Non solo: tutta la mobilità cittadina è studiata unicamente per chi si muove in auto o moto, basti pensare alla quantità di sensi unici presenti in città che costringono i ciclisti a fare giri più lunghi su strade trafficate. Inoltre, per favorire la mobilità ciclistica sarebbe importante, oltre alla costruzione delle piste ciclabili, avere degli interventi di “moderazione del traffico”, cioè pensare a strade, specialmente nelle zone residenziali, dove è fisicamente impossibile andare a velocità elevate.

Per ottenere tutto questo, a volte è necessario segnalare agli amministratori e ai tecnici comunali quello che non va: può essere fatto singolarmente, come gruppo o con l’appoggio di un’associazione, anche se non è detto che la richiesta venga esaudita.

12. Cicloturismo

Molto amato nei paesi del nord Europa, lentamente anche da noi sta prendendo piede il cicloturismo, una forma eccellente di turismo sostenibile.

In paesi come la Germania, l’Austria, la Danimarca e l’Olanda ci sono vere e proprie reti di percorsi cicloturistici lunghe centinaia di chilometri, percorribili in sicurezza e tranquillità.

Si possono fare viaggi di una giornata, magari usando anche il treno, o persino di più giorni.

Rispetto all’uso cittadino della bici, per fare il cicloturismo è necessario avere un minimo di preparazione fisica anche se non è necessario aver fatto chissà cosa. Tutto sarà comunque proporzionato al viaggio che si ha intenzione di fare, perché è diverso viaggiare tra i passi alpini o nella campagna toscana.

Per le gite di una giornata basta portare con sé acqua, qualcosa da mangiare e, se serve, una cartina.

La preparazione di un viaggio vero e proprio comincia dallo studio dei percorsi e dalla valutazione delle capacità fisiche proprie e del gruppo: la lunghezza delle tappe, l’altimetria del percorso, la possibilità di usare il treno per fare tratti di percorso più difficoltosi o meno significativi. (vedi post “Allenamento” e “Alimentazione”)

Il viaggio sarà diverso a seconda del tipo di “indipendenza”che vogliamo: se dormire sempre in albergo (e quindi il bagaglio è ridotto), se dormire in tenda e, infine, se dormire in tenda ed essere indipendenti anche per i pasti, il che aumenta notevolmente il bagaglio da trasportare.

Il cicloturismo permette al ciclista-turista di calarsi davvero nel paese che sta percorrendo, guardando da vicino le persone che lo abitano e gustando i cambiamenti del paesaggio man mano che scorrono i chilometri.

L’elenco sopracitato non è da ritenersi esaustivo, ma è suscettibile di integrazioni: si ringraziano cittadini ed utenti che vorranno comunicarci ulteriori indirizzi di enti ed associazioni operanti secondo i canoni della sostenibilità nella tematica in questione.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Libri di filosofia ciclistica, consigli, esperienze

Autori vari
Manuale di sopravvivenza ciclica urbana
Editrice Terre di Mezzo, euro 10,00

Gianni Catania
Amica bicicletta
editrice Gruppo Abele, fuori produzione

Sabina Morandi
La filosofia morale della bicicletta, ovvero come sopravvivere (e diventare saggi) pedalando in città
editrice Zelig, euro 9,30
L’approccio della filosofia nell’uso della bici. Spassoso.

Travis Hugh Culley
Il messaggero – L’arte di andare in bicicletta & il caos della metropoli
editrice Garzanti, euro 15,00
E’ la storia dell’autore, bike-messenger a Chicago, e del suo rapporto con il mondo sommerso dei ciclisti urbani

(a cura di) C. Carlsson
Critical mass. L’uso sovversivo della bicicletta
editrice Feltrinelli, euro 16,00

Emilio Rigatti
Minima pedalia. Viaggi quotidiani su due ruote e manuale di diserzione automobilistica
editrice Ediciclo, euro 13,00
Trasformare in un viaggio lungo un anno gli spostamenti casa-lavoro-casa. Da leggere, anche per il manuale e per i saggi consigli in appendice.

Didier Tronchet
Piccolo trattato di ciclosofia – il mondo visto dal sellino
editrice Net, euro 7,30
racconta le storie dell’autore, giornalista e umorista parigino, in giro con la sua bici per le strade della capitale francese

Documentazione

Commissione europea – Direzione ambiente
Città in bicicletta, pedalando per l’avvenire
distribuzione gratuita
(è possibile richiederlo direttamente all’ufficio pubblicazioni della Commissione europea – www.bookshop.eu.int – oppure scaricarlo -attenzione: circa 1,5 Mb- al link
http://europa.eu.int/comm/environment/cycling/cycling_it.pdf )

Manuale per l’uso della bicicletta
scaricabile al link
www.tmcrew.org/eco/bike/criticalmassroma/manuale/manuale.pdf (attenzione: 1,4 Mb)

Cicloturismo e viaggi

Luigi Bairo:
Bella bici, vita e viaggi in bicicletta
editrice Stampa alternativa, euro 4,13
è un manuale di tecnica con appunti di viaggio e consigli vari

Aldo Maroso, Alberto Fiorin
Strade d’oriente. In bicicletta da Venezia a Pechino
editrice Ediciclo, euro 14,50

Guillaume Prébois
Il mio Danubio. In bicicletta lungo il fiume d’Europa
editrice Ediciclo, euro 13,00

Paolo Rumiz, Francesco Altan:
“Tre uomini in bicicletta”
editrice Feltrinelli, euro 9,00

Emilio Rigatti:
“La strada per Istanbul”
editrice Ediciclo, euro 14,00

Questi ultimi due libri sono il resoconto del viaggio in bicicletta che i tre amici hanno fatto da Trieste a Istanbul. Eccezionali (specialmente quello di Rigatti) per entrare davvero nella filosofia del viaggio fatto con la bici.

Matteo Scarabelli
Europa, Europa!
editrice Ediciclo, euro 16,00

Zenone Sovilla
“Bicicrazia”
editrice Nonluoghi. euro 10,00

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è probabilmente il sito di itinerari e diari di viaggio più ricco del mondo del web.

http://www.bulgaria-italia.com/bg/info/viaggi/emilio.asp 
http://www.repubblica.it/online/tre_uomini_in_bici/tre_uomini_in_bici.htm 
Due sintesi del viaggio Trieste-Istanbul dell’irresistibile trio Altan-Rigatti-Rumiz

10a e ultima tappa, il viaggio è giunto al termine

Resoconto 10a tappa, Bologna – Firenze
DST: 123.31Km
TM: 6h 49m
Vel. media: 18 Km/h
Vel. max: 68.6 Km/h
Disliv. in salita: 1871m
Altit. max: 989m
Pend. media: 5%
Pend. max: 11%
Disliv. discesa: -1873m

Tappone finale! Sono rimasto sopreso quando ho visto che il dislivello in salita è il più alto di tutto il viaggio. Gli appennini tosco-emiliani quindi riescono a battere anche le potenti alpi svizzere.
Tappona molto dura e piena di complicazioni. Ci siamo incontrati con mio padre e Christina, la fidanzata di Lorenzo alla stazione. Per Lorenzo la presenza di lei è stata una sorpresa e una gioia, visto che pensava di rivederla solo la sera.
Io pure ero molto contento che mio padre, che pure pratica ciclismo, ci accompagnava nell’ultima tappa.
Siamo quindi partiti in direzione del passo della Raticosa attraverso la trafficatissima Bologna. Una volta fuori dal centro e sicuri di essere sulla via giusta ci siamo fermati a fare colazione. Cosa che adora Lorenzo, visto che non è molto propenso alle colazioni tedesche.
Appena ripartiti si presenta subito la salita per gli appennini. Molto dura, diversi tratti al 6% con “strappi” al 10’%. Io stesso la avevo fatta molte volte, ma in discesa, non pensavo fosse così dura. Sia mio padre, 63 anni, che Christina, che non pratica ciclismo, si difendono molto bene in queste pendenze impegnative.
Piano piano arriviamo poco prima di Loiano, dove c’è una piazzola di sosta con un bel panorama, per fare colazione. Il caso voleva che pure in quel momento arriviamo ai 1200 km e quindi scattava la 12ima foto di rito che facciamo ogni 100 km. Non poteva esserci posto e compagnia più adatta.
Facciamo un bel pranzo al sacco, portato da mio padre e poi ripartiamo. Proprio ora si presenta il primo imprevisto: Lorenzo e Christina rimangono un po’ indietro e, tempo di passare un paese, prendono un’altra strada perdendoci di vista. Avevamo inteso che avevano semplicemente preso una deviazione che attraversava il paese da un altra strada e quindi erano sempre sulla SP 65, ma non capivamo se erano avanti a dietro o noi. Scatta quindi un momento in cui io e mio padre li aspettiamo, telefoniamo per sapere dove sono. Lorenzo non capiva dove era. Prima pensavamo che fossero avanti e quindi abbiamo pedalato per riprenderli, ma non si vedevano. Poi che erano indietro e quindi ci siam fermati ad aspettarli. Infine si è saputo fossero avanti di ben 7 km e quindi altra corsa pazza per riprenderli. In tutto questo il tempo, che prima era abbondante, stava diventando scarso per l’appuntamento delle 18 al duomo.
Poco prima della Raticosa si è rotta la catena a Christina, facendoci ritardare ulteriormente. Una volta arrivati al passo, cominciamo a scendere, ma il cambio della bici di Chri era bloccato sulle marce per salire, facendola andare piano anche in discesa. Si è quindi optato per chiamare il “servizio scopa” a riprendere Christina e mio padre.
Una volta messi al sicuro, siamo letteralmente schizzati verso Firenze per riprendere il gap aquisito. A San Piero a Sieve ci aspettava anche un nostro caro amico, Luca Polverini, che ci ha tirato la fuga verso Firenze. Il suo intervento è stato molto produttivo, sia dal lato ciclistico che morale perché da che finisce la discesa della Raticosa c’è il tratto di Vaglia che è in leggera pendenza e poi il tremendo “miglio”. La salita prima di Pratolino che arriva a pendenze dell’ 11% e che era l’ultimo vero ostacolo tra noi e Firenze. Abbiamo scalato agile, io ero molto stanco e provato, riuscendo a metterci alle spalle pure quella sina nel fianco. Una volta scollinati quindi, abbiamo reinserito le marce “dure” e diretti a tutta velocità giù per la bolognese. Grande contentezza quando abbiamo visto il cupolone passando per la panoramica. Al ponte rosse abbiamo rallentato il passo, sia perché avevamo tempo in abbondanza che per il traffico di Firenze, ma eravamo felicissimi di vederlo! Una ragazza in macchine, vedendo il cartello del viaggio, ci chiede se venivamo davvero dalla Germania. Alla nostra risposta affermativa ci chiede ancora: “Ma chi ve lo fa fare?” Io e Lorenzo ci guardiamo e le diciamo: “La passione signorina, la passione”. Al verde ripartiamo veloci, lei ci saluta clacsonando e poi ci infiliamo dentro via Cavour.
Davanti al duomo c’era un folla…di turisti. All’inizio non capivamo, poi sono apparsi i vari parenti e amici da ogni dove. Eravamo felicissimi. Tanti complimenti, congratulazioni da tutti. Anche da chi passava di lì per caso, il bello di Firenze. Abbracci e amici che, io, non vedevo da mesi. È stato bello tornare a casa, ma c’è anche una grande malinconia per la fine di questa splendida esperienza anche se, ci sono ancora tante strade da mettere sotto le nostre ruote e il viaggio continuerà…

Dati totali dell’intero viaggio:

Distanza: 1276 km
Tempo: 65h 10m
Media: 19.5 Km/h
Dislivello in salita: 11590m
Dislivello in discesa: -11567m
Altitudine max: 1625 (Davos)
Calorie buricate: 33351 Kcal

9a tappa

Resoconto 9a tappa, Casático (MN) – Bologna
DST: 134.22Km
TM: 5h 55m
Vel. media: 22.6 Km/h
Vel. max: 40.1 Km/h
Disliv. in salita: 208m
Altit. max: 113m
Pend. media: 2%
Pend. max: 4%
Disliv. discesa: -181m

Tappa tremenda, decisamente la più brutta di tutto il viaggio. Per tre motivi: L’immutabilità del paesaggio, il vento e la pericolosità delle strade.
L’inizio tappa era ottimo, temperatura fresca, strade ben asfaltate e grandi. Poi tutto è degenerato. Caldo a parte, le strade erano improponibili. Banchine inesistenti, buche e camion enormi che ti sorpassano in velocità facendoti il pelo. Abbiamo avuto i nervi tesi per quasi tutto il viaggio. Voto negativissimo alla ciclabilità Emilia-Romagna/Lombarda.
A complicare le cose ci si è messo anche un forte vento contrario da est, direzione in cui dovevamo pedalare, senza considerare che oramai le gambe iniziano a sentire i 1100 e passa chilometri.
Il paesaggio poi era praticamente identico, non che ci fosse il tempo di guardarlo con tutti i camion che passavano, meglio così forse.
Abbiamo fatto sosta a Carpi per mangiare, molto carina e ciclabilissima. Poi altra “sosta banana” a S.Giovanni in Persiceto, anche molto ciclabile. Una piccola Bologna direi. Dico direi perché Bologna, provenendo da nord è un caos tremendo. Ero stato più volte a Bologna in bici, sempre salendo da Firenze, e non mi ricordavo (o non avevo mai visto) il traffico disordinato e caotico che c’è.
Comunque, ora siamo alla ciclofficina “Ampio Raggio”, dove forse pernotteremo.
Domani sveglia presto e ci incontreremo con mio padre alla stazione, che è viene con il treno per accompagnarci all’ultima tappa.
Arrivo previsto a Firenze, ore 18 circa. Piazza Duomo
Io e Lorenzo siamo veramente felici di arrivare finalmente a Firenze, ma ci dispiace anche che questa esperienza stia volgendo al termine.
A domani 😉

8a tappa

Resoconto 8a tappa, Esine(SO) – Casático (MN)
DST: 152.49 Km
TM: 6h 27m
Vel. media: 23.6 Km/h
Vel. max: 39.6 Km/h
Disliv. in salita: 285m
Altit. max: 289m
Pend. media: 2%
Pend. max: 6%
Disliv. discesa: -514m

Ottima tappa. Tempo ottimo, percorso pianeggiante e persone cordiali, anche se si sono verificati degli intoppi.
I signori del B&B dove abbiamo pernottato ci hanno trattato benissimo. Un’ottima colazione abbondante e messo a disposizione il garage per rimontare i copertoncini da strada alla bici.
Dopodiché ci siamo diretti di buon mattino (siam riusciti finalmente a far colazione e partire prima delle 9) verso il lago d’Iseo. I primi km erano quindi in leggera discesa. Una volta arrivati al lago abbiamo preso la ciclabile che lo circonda. Il bel tempo rendava il paesaggio stupendo, peccato non averlo goduto anche al lago di Costanza. Qua però si è verificato il primo intoppo: La ciclabile era chiusa per caduta massi. Ora spiegato il perche google non segnalava il percorso da quella parte. Chiedendo ad un signore, abbiamo saputo che comunque ci passano lo stesso. Quindi ci siamo avventurati. Effettivamente c’erano detriti all’inizio della ciclabile, ma per il resto sembrava a posto. Fino a che non abbiamo incontrato proprio un pezzo di parete caduto sulla ciclabile, speriamo non passasse nessuno quando è caduto. A parte questo la ciclabile è percorribile. È decisamente bella nonostante le erbacce che ci stanno crescendo, speriamo la rimettino presto perché è uno spettacolo. Purtroppo però è stata anche l’ultima ciclabile, visto che tutto il resto della tappa è stata fatta su strade provinciali molto pericolose, dove passano camion sopra i cento all’ora su strade piccole dove non c’è neanche una banchina abbastanza grande per andarci con la bici. In questo ci manca molto la Germania.
Una volta arrivati a Iseo ci siamo diretti verso un paesino vicino per incontrarci con Enrico, un ragazzo di Brescia che si è unito al gruppo per questa tappa. Un vero angelo. Non solo ci ha guidato per le strade della pianura padana facendoci evitare il percorso percicoloso segnalatoci da google maps (una tangenziale), ma ci ha anche tirato aprendoci la strada in modo da sfruttare la scia.
Purtroppo poi si è verificato il secondo, tragico, intoppo. Il sottoscritto (Michele) ha dimenticato lo zaino “non-si-sa-dove”, ma di sicuro un buoni 10 km indietro. Il buon Enrico è quindi andato indietro da solo mentre noi proseguivavamo a dritto.
I primi chilometri senza di lui oltre che lenta, era anche noiosa (le strade qua sono tutte piatte e dritte per chilometri) ma almeno non si poteva sbagliare strada. Eppure siamo riusciti in questa impresa. Al primo paese che dovevamo cambiare direzione siamo andati diretti a nord perché mi ricordavo male un nome di un paese. In tutto questo Enrico ci ha chiamati dicendo che lo zaino era stato ritrovato ed era già in viaggio in macchina per riportarcelo. Un grande e mi dispiace che non era con noi quando abbiamo oltrepassato i 1000 km. Ci ha anche stampato le cartine fino a Bologna, senza parole.
Ripreso il viaggio nonostante l’ora (le 20), ci siamo diretti verso Suzzara. Ma siccome era troppo lonta per l’orario abbiamo chiesto, a Casático se potevamo pernottare qua. Che dire, anche qua abbiamo trovato una cordialità disarmante. La gestrice del bar non solo ci ha dato il permesso, ma ci ha anche lasciato le chiavi del bagno in caso di bisogno.
Devo essere sincero, non mi aspettavo tutta questa cordialità al nord. Sono contento di aver scoperto questo lato dell’Italia, nonostante il paesaggio monotono.
Domani rotta Bologna, un 120 km e poi finalmente a CASA!

7a tappa

Resoconto 7a tappa, Davos – Esine (Italia)

DST: 125.41 Km
TM: 5h 40m
Vel. media: 22 Km/h
Vel. max: 80 Km/h
Disliv. in salita: 1298m
Altit. max: 1575m
Pend. media: 4%
Pend. max: 9%
Disliv. discesa: -2530m

Ennesimo giorno di maltempo, solo che a 1600m le cose si complicano ulteriormente e se contiamo che la Svizzera non è certo un paese per poveri viaggiatori allora la cosa diventa proibitiva e folle.
Dopo l’odissea di ieri abbiamo deciso di prenderci un trenino fuggire dal territorio elvetico al più presto, il che significava anche saltare le alpi. Non è stata una decisione felice. Le alpi dovevano essere la crema del viaggio e invece si sono rivelate una maledizione per due fattori. Il maltempo (inusuale in questa stagione a quanto dicono) e l’assurdità dei prezzi, sia per mangiare che per dormire. Ovviamente non si poteva usare la tenda dove la temperatura scende sotto lo 0°. Per una camera doppia “economica” ci hanno chiesto 55€ a testa più “tasse”. Fortunatamente abbiamo trovato un ostello con prezzi più contenuti.
Idem per il cibo: 1 succo di arancia, pan carré, 2 vasetti di marmellata e 2 tipi di formaggi = 15€, che corrisponde a 3 pasti nella buon vecchia Germania o Austria.
Dulcis in fondo, il treno. Due posti più due bici = 104 Franchi svizzeri, che corrispondo a circa 85 euro, di cui 30€ erano solo per le biciclette!!! Insomma, i paesaggi non ce li siamo goduti a causa del brutto tempo, comunque sono imponenti. Peccato.
Comunque la Svizzera si è rivelata un paese decisamente inadatto a chi ama viaggiare spendendo il giusto senza contare che la rete ferroviaria alpina elvetica penalizza molto chi si porta dietro anche la bici perché la tariffa non è fissa, ma a chilometri. Noi abbiamo pagato 15€, ma una coppia di signori olandesi (che andavano dall’Olanda a Roma in bici) avevano pagato ben 18€ l’uno per portare la propria bici.
Tornando al viaggio. Non abbiamo preso il treno subito a Davos, ma siamo scesi fino a Filisur, non sia mai che non pedaliamo. Da Filisur siamo scesi a Poschiavo, poco prima del confine Italiano perché volevamo passare il confine pedalando, oltre che rendere il più corto possibile il tragitto con il treno. Il tempo nel territorio italiano era ottimo, degno del “paese del sole”. Una volta messo piede in Italia ci siamo concessi un ottimo espresso, ovviamente, Dopodichè abbiamo attaccato il passo dell’Aprica (quota 1200m) per ritornare sul tragitto del percorso.
Al momento pernottiamo in un B&B e domani facciamo rotta per il lago di Iseo, dove dovrebbe aggregarsi un ragazzo e accompagnarci per l’ottava tappa.
Siamo contenti di essere “a casa”, ma rimane l’amaro in bocca per le alpi. Comunque si è già deciso che torneremo a riprenderci questa “tappa mancante” con un tempo migliore, non ci sfuggiranno!
E il viaggio continua…

6a tappa

Resoconto 6a tappa, Koblach, Österreich (Austria) – Davos, Schweiz (Svizzera)
DST: 116.54 Km
TM: 7h 12m
Vel. media: 16.1 Km/h
Vel. max: 39.4 Km/h
Disliv. in salita: 1517m
Altit. max: 1625m
Pend. media: 6%
Pend. max: 13%
Disliv. discesa: -326

Anche stamattina la pioggia si è defilata in modo da farci partire asciutti, ma non per questo non si è fatta sentire. A cavallo tra il Liechtenstein e la Svizzera ha iniziato a piovere freddo con relativo abbassamento della temperatura. Ma noi ci eravamo già vestiti in assetto invernale. In più mi si è forata la ruota posteriore dopo pochi chilometri, sostituita al volo.
I primi km erano piatti, se ieri non avesse piovuto così forte avremmo guadagnato non poco. Ci siamo divertiti a saltare da un confine all’altro: Austria/Svizzera poi Svizzera/Liechtenstein e infine nuovamente Liechtenstein/Svizzera. Tutto questo ambaradam per il fatto che per entrare nel Liechtenstein dall’Austria si deve avere il passaporto e dalla Svizzera no…mah! Più camminavamo e più le alpi si avvicinavamo stringendoci in una morsa dal quale era impossibile scappare.
Durante il picco di pioggia abbiamo giocato la carta pranzo al riparo. Giocata bene perché nel frattempo aveva smesso di piovere e aveva messo un bel sole che ha tirato sul il morale che era più basso della temperatura.
Siamo dunque partiti all’attacco delle alpi. Che dire, sono dure. Molto dure. Siam partiti leggeri al 2% per poi arrivare all’8-9% di media. Il paesaggio era magnifico, purtroppo però il tempo no. Più che salivamo e più che si abbassava la temperatura. Dai 20° del sole siam passati ai 0.2° sui 1600. Per fortuna la salita dava tregua in modo di riprendere le energie, ne avevamo bisogno davvero.
Ma il problema più grosso è stato in cima. Ci avevamo avvisato che Davos era cara, ma non avevamo capito quanto. Una semplice doppia modello base veniva 106 euro più altre “spese”. La faccenda era grave, la sera stava arrivando e le temperature si abbassavamo pericolosamente. Non che non avessimo i soldi, ma non volevamo pagare tanto.
Abbiamo chiesto in stazione e persino in ospedale se c’era un posto per passare la notte. Probvare in altri paesini dopo era impensabile. Eravamo già provati e senza energie. Per fortuna salta fuori un ostello della gioventù all’ultimo dove ci siamo letteralmente lanciati in corsa perché chiudeva alle 21 (erano le 20:43 ). Abbiamo fatto quindi una corsa contro il tempo di sera, in un paese che non conosciamo, con la tormenta di neve contro e in salita. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Grande la gioia di avere un letto caldo. Non sappiamo cosa faremo domani, lo Stelvio è chiuso. Ma il viaggio continua!

5a tappa

Resoconto 5a tappa, Oberessendorf – Koblach, Österreich (Austria)
DST: 107 Km
TM: 5h 27m
Vel. media: 19.7 Km/h
Vel. max: 55.4 Km/h
Disliv. in salita: 736m
Altit. max: 790m
Pend. media: 2%
Pend. max: 9%

Questa mattina ha cominciato a piovere verso le 6, per fortuna ha smesso in tempo utile per partire, alle 8.
Abbiamo fatto colazione a Bad Waldsee, dove si svolgeva una anche una maratona. Il tempo era ottimo e il percorso, cosa rara, pianeggiante. Già dal mattino si vedevano all’orizzonte le alpi. Magnifiche, possenti e sontuose, con le loro cime innevate si ergono potenti di fronte a noi. Grande emozione, dopo di esse c’è “casa”. Proviamo un grande senso di rispetto verso questi colossi di roccia, ma al tempo stesso non vediamo l’ora di misurarci sulle loro salite.
Ritornando alla tappa, tutto procedeva bene. Dopo le ultime salitelle vedevamo finalmente il famoso Bodensee (lago di Costanza), bellissimo con le alpi innevate sullo sfondo. Peccato che il cielo si era rannuvolato rendendo grigio il paesaggio. Abbiamo fatto la pausa pranzo Lindau e poi abbiamo ripreso la marcia salutando la terra teutonica visto che entravamo in Austria. Il percorso era ulteriormente in pianura e veloce, potevamo tranquillamente recuperare gran parte del gap di ieri. Purtroppo il cielo dopo pranzo si è guastato sempre di più. Ha iniziato a piovere e la temperatura è scesa di 15 gradi. Abbiamo comunque percorso altri 40 km sotto l’acqua prima di decidere di fermarci a pernottare in una “gasthaus” (una pensioncina), onde evitare di fare la fine della seconda tappa dove abbiamo pedalato fino alle nove e mezza di sera per trovarne una che non era piena, ma avevamo ancora energie per proseguire tranquillamente.
Anche in Austria le reti ciclabili sono ottime, i 40 km sotto l’acqua li abbiamo percorsi su di esse, sarebbe stato molto peggio se non c’erano.
Domani ci aspettano le alpi e, forse, anche l’Italia. Speriamo solo che il tempo si aggiusti per goderci le vette innevate.

4a tappa

Resoconto 4a tappa, Ebersbach an der Fils – Oberessendorf
DST: 130 Km
TM: 6h 52m
Vel. media: 18.8 Km/h
Vel. max: 50 Km/h
Disliv. in salita: 1445m
Altit. max: 850m
Pend. media: 3%
Pend. max: 12%

Anche oggile distanza erano completamente sballate, basti pensare che siamo arrivati a sera al paese dove teoricamente avremmo dovuto fare la pausa pranzo.
Nei primi chilometri abbiamo incontrato subito un bel dislivello da scalare, 5km all’8%, dopodichè un altra salita di 4km al 7%. Una volta arrivati in cima ci siamo trovati in uno splendido alto piano a 800 m.
Le cose però si sono ulteriormente complicate perché. a causa di due paesi con lo stesso nome, abbiamo perso “le tracce” del percorso originale e ci siamo addirittura ritrovati a scendere una mulattiera al 19%. Ma una volta ritrovata la strada è andata molto meglio. Prima di tutto avevamo un percorso pianeggiante (il primo dall’inizio viaggio) e interamente su pista ciclabile.
Al momento siamo accampati in un bosco vicino la ciclabile e domani partiremo alla volta del Bodensee (Lago di costanza) e i relativi confini tra: Germania, Svizzera, Austria e il piccolo Liechtenstein.

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